IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso proposto dal  sig.
 Mauro  Lombardi  rappresentato  e difeso dagli avv.ti Giorgio Sacco e
 Giovanna Buttazzo ed elettivamente domiciliato, in Bologna,  via  San
 Felice n. 6;
   Contro la regione Emilia-Romagna (Comitato regionale di controllo),
 non   costituito,  e  nei  confronti  del  comune  di  Argelato,  non
 costituito,  per  l'annullamento  del  provvedimento  del   CO.RE.CO.
 dell'Emilia-Romagna  prot.  n.  96/03437,  datato 18 novembre 1996 di
 annullamento della deliberazione n. 239 del 15 ottobre 1966, con  con
 la  quale  la  Giunta  della  predetta  Amministrazione  comunale  ha
 affidato al comandante della Polizia municipale la  disponibilita'  e
 la  gestione  finanziaria  dei  fondi  corrispondenti  ad  una  quota
 percentuale dei proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie per
 violazioni previste dal Codice della Strada, in  quanto  devolute  al
 personale   del   Corpo  di  Polizia  municipale  per  "finalita'  di
 assistenza e previdenza", ai sensi dell'art.  208, d.lgs.  30  aprile
 1992,  n.  285,  cosi'  come modificato dall'art.   109 del d.lgs. 10
 settembre 1993, n. 360;
   Nella fase preliminare della udienza del  29  gennaio  1998  l'avv.
 Giovanna  Buttazzo  si  e'  direttamente  riportato agli scritti gia'
 depositati in giudizio;
   Considerato quanto segue:
                               F a t t o
   Il ricorrente sig..  Mauro  Lombardi  -  comandante  del  Corpo  di
 Polizia  municipale  del  comune  di  Argelato  -  fa preliminarmente
 presente che "con deliberazione n.  537  del  12  dicembre  1994,  la
 Giunta  comunale  di Argelato stabiliva la destinazione, a favore del
 personale della Polizia municipale  per  finalita'  di  assistenza  e
 previdenza  di una percentuale pari al 7% dei proventi delle sanzioni
 amministrative pecuniarie conseguenti a violazione del  Codice  della
 Strada,  in attuazione del disposto di cui all'art. 208 del d.lgs. 30
 aprile 1992, cosi come modificato dall'art. 109 del d.lgs. n. 360 del
 10 settembre 1993.
   Successivamente l'Amministrazione comunale (...)  con  delibera  n.
 239 del 15 ottobre 1996, adottava le seguenti decisioni:
     a)  sceglieva,  quale  contraente a cui affidare la stipula della
 polizza, la INA-Assitalia di Casalecchio di Reno;
     b)  assegnava  al  comandante  della  Polizia municipale (...) le
 disponibilita' finanziarie conseguenti alla citata devoluzione  (...)
 con  l'incarico  di  provvedere  all'effettivo  impiego delle risorse
 attribuitegli, mediante la costituzione di una polizza assicurativa.
   Tale  determinazione  non  superava  l'esame  di  legittimita'  del
 CO.RE.CO.  che, mediante l'impugnato provvedimento prot. n. 96/034377
 del 18 novembre 1996 la annullava.
   A sostegno del ricorso e' presentata la censura di:
     violazione e falsa interpretazione ed applicazione dell'art.  208
 d.lgs.  30  aprile 1992, n. 285, cosi' come modificato dall'art.  109
 d.lgs. 10 aprile 1993, n. 360;
     violazione e falsa applicazione dell'art. 46, legge n. 142/1990 e
 degli artt. 25 e 26, legge regionale 7 febbraio 1992, n. 17;
     violazione ed erronea applicazione dell'art. 31 d.P.R. 25  giugno
 1983, n. 347;
     violazione degli artt. 1, 12, 14, 15 preleggi;
     eccesso di potere per falso supposto di fatto e di diritto;
     motivazione insufficiente ed incongrua;
     disparita' di trattamento;
     contraddittorieta' ed illogicita';
     ingiustizia manifesta.
   Si afferma "che il provvedimento di Giunta n. 239/1996 annullato ha
 il  carattere  di  mero  provvedimento attuativo delle determinazioni
 contenute nel precedente  atto  n.  537/1994,  il  quale  aveva  gia'
 ottenuto il visto di legittimita' da parte del CO.RE.CO.".
   Si aggiunge che "con la risoluzione n. 537/1994 era stato disegnato
 il  piano  di  riparto  dei  proventi  delle  sanzioni amministrative
 conseguenti a violazione del Codice della Strada. In particolare, una
 quota parte di detti proventi, pari al 7%, veniva assegnata (...)  al
 personale  della  Polizia  municipale con finalita' di ''Assistenza e
 Previdenza''".
   Tale devoluzione corrisponde esattamente alla volonta' espressa dal
 legislatore con l'introduzione - in sostituzione  dell'art.  208  del
 decreto legislativo 285/1992 - dell'art. 109 del piu' recente decreto
 legislativo n. 360/1993.
   Si  osserva,  in  particolare,  che  "a  nulla  rileva, nel caso in
 questione, il riferimento, svolto dal CO.RE.CO., al c.d. principio di
 onnicomprensivita'  della  retribuzione,  sancito  dall'art.  31  del
 d.P.R. n. 347/1983".
   Emerge  infatti  dal  testo  stesso  della norma che tale principio
 concerne esclusivamente la corresponsione  di  somme  ai  dipendenti,
 mentre  invece  il caso di specie riguarda la devoluzione di somme ai
 fondi di previdenza ed assistenza.
   Si tratta, quindi, di somme erogate in favore di una  categoria  di
 lavoratori,  somme che non possono in alcun modo ritenersi elargite a
 titolo retributivo individuale e nei confronti delle  quali,  per  la
 loro  stessa  natura,  non  opera  dunque  il richiamato principio di
 onnicomprensivita'.
   L'art. 31 citato appare inoltre  inapplicabile,  nella  fattispecie
 trattata, poiche' soccombente, in applicazione degli ordinari criteri
 di  gerarchia  delle  fonti  normative,  rispetto  alla  norma di cui
 all'art.  208 del d.lgs. n. 285/1992.
   Tale  ultimo  d.lgs.  costituisce,  infatti,  una  fonte  normativa
 primaria  come  tale  prevalente  rispetto  al  d.P.R.,  che  e' atto
 normativo secondario.
   Giova   sottolineare,   da  ultimo,  che  l'art.  208  del  decreto
 legislativo n. 285/1992 e' norma successiva e palesemente  "speciale"
 - dunque, ancora una volta, pozione - rispetto all'art. 31 del d.P.R.
 n. 347/1983.
   Ad  ulteriore  conferma  delle  suesposte  considerazioni, si legga
 quanto affermato al punto 56 del documento Aran del 25  luglio  1996,
 recante  "linee interpretative del C.C.N.L.": "Ai dipendenti comunali
 possono  essere  corrisposti  compensi  extracontrattuali  (...)   se
 previsti dalla legge (...)".
   Orbene,  e'  proprio  la legge, esattamente il Codice della Strada,
 che prevede ed istituisce la devoluzione di cui si discute.
   La regione non ha ritenuto di costituirsi in  giudizio  a  sostegno
 dell'impugnato atto del proprio organo di controllo.
   I procuratori del ricorrente hanno, infine, provveduto a depositare
 in  giudizio la nota delle spese, competenze ed onorari di causa, per
 l'importo complessivo di L. 3.135.000 + I.V.A. e C.P.A.
                             D i r i t t o
   1. - Il ricorso e' - ad avviso del Collegio - fondato.
   E cio', nella considerazione assorbente:
     a) che l'art. 208, d.lgs. 30 aprile 1992, n.  285  (Codice  della
 Strada)  -  come  successivamente  modificato in parte dall'art. 109,
 d.lgs. 10 settembre 1993, n. 360, prescrive  che  "i  proventi  delle
 sanzioni   amministrative  pecuniarie  per  violazioni  previste  dal
 presente codice sono devoluti allo Stato, quando le violazioni  siano
 accertate da funzionari, ufficiali ed agenti dello Stato (...).
   I  proventi  stessi  sono devoluti alle regioni, province e comuni,
 quando le violazioni siano  accertate  da  funzionari,  ufficiali  ed
 agenti,  rispettivamente, dalle regioni, dalle province e dei comuni"
 (comma 1), ponendo in tal modo una piena  equiparazione  -  sotto  lo
 specifico  profilo  in  oggetto - tra l'amministrazione dello Stato e
 gli enti locali;
     b) che la  norma  dianzi  indicata  prescrive,  inoltre,  che  "i
 proventi  di cui al comma 1, spettanti allo Stato, sono destinati: a)
 al Ministero dei lavori pubblici (.9 nella  misura  dell'ottanta  per
 cento del totale annuo (...) per studi, ricerche e propaganda ai fini
 della  sicurezza stradale (...), per la redazione dei piani urbani di
 traffico, per finalita' di educazione stradale e per  l'assistenza  e
 previdenza  del  personale  della  Polizia  di  Stato,  dell'Arma dei
 Carabinieri e della Guardia di Finanza"; b) alla  Direzione  Generale
 della  M.C.T.G.    nella  misura del venti per cento del totale annuo
 (...) per studi e ricerche sulla sicurezza del  veicolo"  (comma  2);
 che, infine, "i proventi spettanti agli altri enti indicati nel comma
 1 (regioni, province e comuni) sono devoluti alle finalita' di cui al
 comma 2, nonche' al miglioramento della circolazione sulle strade, al
 potenziamento  e  miglioramento  della  segnaletica  stradale  e alla
 redazione dei piani di cui  all'art.  36,  alla  fornitura  di  mezzi
 tenuti   necessari   per  i  servizi  di  polizia  stradale  di  loro
 competenza" (comma 4);
     c) che dal coacervo delle disposizioni  dianzi  delineate  emerge
 come  la  complessiva  ragione  di  essere di questa normativa sia da
 rinvenirsi - ad  avviso  del  Collegio  -  anche  nella  volonta'  di
 assicurare   al   personale   dello   Stato   e   degli  enti  locali
 funzionalmente  competente  in  tema  di  irrogazione   di   sanzioni
 amministrative  pecuniarie  per  violazioni previste dal Codice della
 Strada  una quota parte di tali proventi (da determinarsi annualmente
 da parte dell'ente, in relazione all'importo complessivo disponibile)
 per costituire a vantaggio di tale  personale  forme  integrative  di
 assistenza e previdenza;
     d)  che  il personale appartenente al Corpo di Polizia municipale
 rientra nella previsione normativa dianzi indicata, per la sua tipica
 competenza  funzionale   in   tema   di   irrogazione   di   sanzioni
 amministrative  pecuniarie  per  violazioni previste dal Codice della
 Strada, onde non appare necessario - ai fini in esame -  che  vi  sia
 anche una equiparazione generale in via legislativa di tale personale
 al  personale  della  Polizia  di  Stato, dell'Arma dei Carabinieri e
 della Guardia di Finanza;
     e) che il canone di onnicomprensivita' della retribuzione sancito
 dall'art. 31, d.P.R. n. 347 appare inapplicabile  al  caso  in  esame
 poiche' soccombente rispetto alla norma sopraindicata e successiva di
 cui all'art. 208, d.lgs. cit.
   2.   -  L'esegesi  della  normativa  predetta  dovrebbe,  pertanto,
 condurre all'accoglimento del presente ricorso.
   Ritiene, peraltro, il Collegio d'ufficio che l'art. 208, d.lgs.  30
 aprile 1992, n. 285, nella sua attuale configurazione e  nella  parte
 specificamente in esame, ponga un profilo di eventuale illegittimita'
 costituzionale  per  violazione  degli  artt.  3 e 97 Cost.; che tale
 profilo non sia, in questa fase, manifestamente infondato e che  esso
 sia rilevante ai fini della definizione della presente controversia.
   Il Collegio dubita, invero, della legittimita' costituzionale della
 norma  predetta  (nella parte specificamente all'esame) per contrasto
 con il principio di eguaglianza e con il principio di buon  andamento
 ed  imparzialita'  della amministrazione posti dai suddetti parametri
 costituzionali e ritiene che la questione si presenti come  rilevante
 e non manifestamente infondata.
   Quanto   al  primo  profilo,  non  vi  e'  dubbio  che  l'eventuale
 caducazione della norma predetta a  seguito  di  un  accertamento  di
 incostituzionalita' della norma medesima comporterebbe la definizione
 della  controversia  in  senso  pregiudizievole  all'interesse  fatto
 valere in giudizio dalla parte ricorrente.
   Quanto alla non manifesta infondatezza della questione, essa emerge
 dalla considerazione che la norma  predetta  -  nel  contemplare  una
 forma di previdenza ed assistenza integrativa unicamente a favore del
 personale   competente  all'irrogazione  di  sanzioni  amministrative
 pecuniarie per violazione di precetti del Codice della Strada  e  con
 l'uso  a  tale  fine di una parte dei relativi proventi proporzionale
 all'importo  complessivo  annuo  di  tale  massa   monetaria   e   da
 determinarsi  con cadenza annua da parte dell'ente percettore - da un
 lato  configura  una  situazione  differenziata  ed  una  conseguente
 disparita'   di   trattamento   sul  piano  dell'assistenza  e  della
 previdenza  nei  confronti  della  platea  complessiva  degli   altri
 dipendenti  dell'ente  in  genere  (e  di  quelli  di  pari qualifica
 funzionale in particolare) che appare arbitraria in quanto diretta ad
 incidere sui fondamenti stessi del rapporto d'impiego in presenza  di
 una  mera  diversita' di mansioni all'interno di un quadro funzionale
 che  e',   invece,   complessivamente   unitario   in   vista   della
 realizzazione delle finalita' dell'ente.
   Dall'altro  essa  -  nel  dare ingresso ad una forma sostanziale (e
 tendenzialmente  crescente)  di  compartecipazione   da   parte   del
 personale  predetto alle utilita' derivanti dall'attivita' repressiva
 e sanzionatoria a cui esso e' preposto mediante una  integrazione  di
 fatto  del  trattamento  economico  - appare idonea a pregiudicare il
 carattere di imparzialita' che l'azione amministrativa deve avere non
 solo nel suo concreto atteggiarsi, ma anche  nell'immagine  che  essa
 offre  alla  platea  dei  cittadini. E, a tale riguardo, non puo' non
 rilevarsi  come  elemento  fondante  di  qualsivoglia  situazione  di
 imparzialita'   nell'azione  amministrativa  sia  che  il  dipendente
 funzionalmente competente non abbia nell'esercizio delle sue funzioni
 un  diretto   interesse   di   natura   retributiva   tendenzialmente
 proporzionale  - nel caso in esame - all'incremento del quantum delle
 sanzioni pecuniarie che egli abbia concorso ad irrogare.
   Cio', infatti, darebbe  origine  ad  una  situazione  di  accertato
 conflitto  di interessi ed inoltre - pregiudicando la stessa immagine
 di imparzialita' di  quello  -  inciderebbe  negativamente  sul  buon
 andamento    dell'amministrazione,    alimentando   una   accresciuta
 conflittualita' sociale.
   Va, pertanto, sollevata la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 208, commi 2 e 4 d.lgs. cit. per contrasto con gli artt.  3
 e 97 della Costituzione: conseguentemente va disposta la trasmissione
 degli atti alla Corte costituzionale mentre il presente giudizio deve
 essere sospeso ai sensi dell'art. 23, legge  n.  87/1953,  fino  alla
 pronuncia sulla legittimita' costituzionale della norma indicata.